Rita Levi-Montalcini

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« Il corpo faccia quel che vuole, io sono la mente. »
(Rita Levi-Montalcini[1])
Monogramma del Senato della Repubblica Italiana Parlamento italiano
Senato della Repubblica
sen. Rita Levi-Montalcini
Rita Levi-Montalcini
Luogo nascita Torino
Data nascita 22 aprile 1909 (1909-04-22) (101 anni)
Luogo morte
Data morte
Titolo di studio Laurea in medicina e chirurgia
Professione Neurobiologa, ricercatrice, politico
Partito
Legislatura XIV, XV, XVI
Gruppo Gruppo misto
Coalizione
Circoscrizione
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senatore a vita
Investitura Nomina presidenziale
Data 1º agosto 2001
Incarichi parlamentari
  • Membro 7ª commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali)
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Medaglia del Premio Nobel Nobel per la medicina 1986

Rita Levi-Montalcini (Torino, 22 aprile 1909) è una scienziata e senatrice italiana. Negli anni Cinquanta le sue ricerche la portarono alla scoperta e all'identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa o NGF, scoperta per la quale è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina. Insignita anche di altri premi, è stata la prima donna ad essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze. Il 1º agosto 2001 è stata nominata senatrice a vita per i suoi meriti scientifici e sociali. È socia nazionale dell'Accademia dei Lincei per la classe delle scienze fisiche ed è tra i soci fondatori della Fondazione Idis-Città della Scienza.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] I primi anni

Figlia di Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico, e della pittrice Adele Montalcini,[2] e sorella di Gino (19021974, scultore e architetto noto negli anni trenta), e Anna (19072003),[3] nel 1909 Rita nacque insieme alla sorella gemella Paola (19092000, nota pittrice).

Entrambi i genitori erano molto colti e instillarono nei figli il proprio apprezzamento per la ricerca intellettuale. Trascorse l'infanzia e l'adolescenza in un ambiente sereno, sebbene dominato da una concezione tipicamente vittoriana dei rapporti con i genitori e dei ruoli femminili e maschili e dalla forte personalità del padre.[2] Secondo tale tradizione, egli era convinto che una carriera professionale avrebbe interferito con i doveri di una moglie e di una madre. Perciò decise che le sue tre figlie non sarebbero state impegnate negli studi che aprono la via ad una carriera professionale e che non si sarebbero iscritte all'Università; furono iscritte, infatti, a un liceo cosiddetto "femminile".[2] Rita, a vent'anni, si rese conto di non potersi adattare ad un ruolo femminile come concepito da suo padre, gli chiese il permesso di impegnarsi in una carriera professionale.

In otto mesi colmò le lacune in latino, greco e matematica, sostenne da esterna l'esame di maturità[4] e ottenne il diploma di scuola superiore.[2] Paola studiò pittura con Felice Casorati e diventò un'artista di valore[3] mentre Rita, inizialmente propensa ad una carriera da scrittrice per comporre una saga italiana sullo stile "Lagerlof",[2] nonostante l'opinione del padre,[3][2] decise nell'autunno del 1930 di studiare medicina all'Università di Torino; la scelta di medicina fu determinata dal fatto che in quell'anno si ammalò e morì di cancro la sua amata governante.

All'età di vent'anni entrò nella scuola medica dell'istologo Giuseppe Levi (padre di Natalia Ginzburg), iniziando gli studi sul sistema nervoso che avrebbe proseguito per tutta la vita. Ebbe come compagni universitari due futuri premi Nobel, Salvador Luria e Renato Dulbecco. Tutti e tre furono studenti di Giuseppe Levi verso il quale si sentirono in debito per la formazione in scienze biologiche e per aver insegnato loro come affrontare i problemi scientifici in modo rigoroso, in un momento in cui tale approccio era ancora abbastanza inusuale; fu lo stesso Levi ad introdurre in Italia il metodo di coltivazione in vitro.[2]

Nel 1936 il rettore dell'Università di Torino, Silvio Pivano, le conferì la laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode, successivamente si specializzò in neurologia e psichiatria, ancora incerta se dedicarsi completamente alla professione medica o allo stesso tempo portare avanti le ricerche in neurologia.[2][5][6]

Quello stesso anno Benito Mussolini pubblicò il “Manifesto per la difesa della razza” firmato da dieci scienziati italiani, cui fece seguito la promulgazione di leggi razziali di blocco delle carriere accademiche e professionali a cittadini italiani non ariani.[2] Nel 1938, in quanto ebrea sefardita, Rita fu costretta ad emigrare in Belgio con Giuseppe Levi, sebbene stesse ancora terminando gli studi specialistici di psichiatria e neurologia. Sino all'invasione tedesca del Belgio (primavera del 1940), fu ospite dell'istituto di neurologia dell'Università di Bruxelles dove continuò gli studi sul differenziamento del sistema nervoso.[5]

Poco prima dell'invasione del Belgio tornò a Torino, dove, durante l'inverno del 1940, allestì un laboratorio domestico situato nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche, ispirate da un articolo di Viktor Hamburger del 1934 che riferiva sugli effetti dell'estirpazione degli arti negli embrioni di pulcini. Il suo progetto era appena partito quando Giuseppe Levi, scappato dal Belgio invaso dai nazisti, ritornò a Torino e si unì a lei, diventando così, con suo grande orgoglio, il suo primo e unico assistente.[2] Il loro obiettivo era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici e di quelli ambientali nella differenziazione dei centri nervosi. In quel laboratorio Rita Levi-Montalcini scoprì il meccanismo della morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo, fenomeno riconosciuto solo tre decenni più tardi (1972) e definito con il termine apoptosi.

Il pesante bombardamento di Torino ad opera delle forze aeree angloamericane nel 1941 rese indispensabile abbandonare la città e la giovane Montalcini si rifugiò nelle campagne di un paese dell'Astigiano, dove ricostruì il suo mini laboratorio e riprese gli esperimenti. Nel 1943 l'invasione dell'Italia da parte delle forze armate tedesche li costrinse ad abbandonare il loro rifugio ormai pericoloso.[2] L'8 settembre 1943, il fratello Gino Levi si sposò e, dopo un breve viaggio di nozze a Oropa, decise di portare nel sud Italia tutta la famiglia: la madre, la giovane moglie e le sorelle.[3] Iniziò un pericoloso viaggio che si concluse a Firenze, ospiti della famiglia Mori, la cui figlia, pittrice, era amica di Paola.

I Levi restarono a Firenze, divisi in vari alloggi, sino alla liberazione della città, cambiando spesso domicilio per non incorrere nelle deportazioni. Una volta furono salvati da una domestica, che li fece scappare appena in tempo. A Firenze, Rita fu in contatto con le forze partigiane del Partito d'Azione[5] e nel 1944 entrò come medico nelle forze alleate.[3]

Nel 1944 gli Alleati costrinsero i tedeschi a lasciare Firenze; la Montalcini divenne medico presso il Quartier Generale anglo-americano e venne assegnata al campo dei rifugiati di guerra provenienti dal Nord Italia.[2] Qui si accorse però che quel lavoro non era adatto a lei, in quanto non riusciva a costruire il necessario distacco personale dal dolore dei pazienti.[4] Lavoro da lei stessa definito difficile e penoso per il diffondersi delle epidemie:

« Era in corso un'epidemia di tifo, i malati morivano a decine. Facevo di tutto, il medico, l'infermiera, la portantina. Giorno e notte. É stato molto duro e ho avuto fortuna a non ammalarmi. »
(Rita Levi-Montalcini)

Dopo la guerra tornò dalla famiglia a Torino dove riprese gli studi accademici e allestì un laboratorio di fortuna casalingo in una collina vicino ad Asti. I suoi primi studi (degli anni 1938-1944) erano stati dedicati ai meccanismi di formazione del sistema nervoso dei vertebrati. Con il maestro Giuseppe Levi, iniziò a fare ricerca negli embrioni di pollo attraverso i quali approfondì le ricerche sulle correlazioni nello sviluppo tra le varie parti del sistema nervoso e si rivolgeva allo studio dello sviluppo dei neuroni isolati da varie elementi del tessuto cerebrale dell'embrione,[6] giungendo a diversi risultati pubblicati su riviste scientifiche internazionali.[7]

[modifica] Gli studi e la carriera negli Stati Uniti

Rita Levi Montalcini nel 2007

Nel 1947 il biologo Viktor Hamburger, al quale si era ispirata per molti suoi lavori, la invitò a Saint Louis, a prendere la cattedra di docente del corso di Neurobiologia al Dipartimento di zoologia della Washington University, prima come professore associato (sino al 1958) e poi come professore ordinario.[6] Tra le altre cose continuò le ricerche embrionali sulle galline portando sul terreno sperimentale il problema delle relazioni tra neurosviluppo e periferia organica.[5][7] Innestando in embrioni di pollo frammenti di speciali tumori, poté osservare il prodursi di un "gomitolo" di fibre nervose a carico delle cellule gangliari, deducendone l'ipotesi di un fattore chimico, liberato dal tessuto ospite e attivo sullo sviluppo dei neuroni.[7] Tra la fine del 1950 e il 1951, agganciandosi alle ricerche dell'embriologo Elemer Bueker, delineò l'idea di un agente promotore della crescita nervosa, presentando nel dicembre 1951 presso la New York Academy of Sciences la sua tesi che cercava di spiegare la differenziazione dei neuroni e la crescita di fibre nervose, l'esistenza di fattori liberati da altre cellule capaci di controllare questa differenziazione.[7] La tesi venne approfondita e precisata con nuove esperienze, condotte nel 1952 con la cultura in vitro all'Istituto di biofisica dell'università di Rio de Janeiro, in collaborazione con Hertha Mayer.[5][7]

Certa di rimanere negli Stati Uniti solo pochi mesi, quella che doveva essere una breve permanenza si rivelò poi una scelta trentennale. Fino al 1977 rimase negli USA, dove realizzò gli esperimenti fondamentali che la condussero, nel 1951-52, durante la sperimentazione di un trapianto di tumore di topo sul sistema nervoso dell'embrione di un pulcino, alla scoperta del fattore di crescita nervoso, noto come NGF (Nerve Growth Factor), una proteina che gioca un ruolo essenziale nella crescita e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche.[5]

Nel 1954, continuando nelle analisi in vitro e in collaborazione col suo allievo biochimico Stanley Cohen, giunse all'isolamento e all'identificazione di tale sostanza presente in quantità ingenti nel veleno dei serpenti e nella ghiandola salivare dei topi: una proteina che viene sintetizzata da quasi tutti i tessuti e in particolare dalle ghiandole esocrine,[4] con cui meglio accertò la molecola proteica tumorale chiarificandone i meccanismi di crescita e di differenziazione cellulare.

Questa scoperta "andava contro l'ipotesi dominante nel mondo scientifico che il sistema nervoso fosse statico e rigidamente programmato dai geni".[5][8][7] Sviluppi successivi poterono chiarire appieno il significato di questa scoperta: alcune cellule del sistema simpatico sono stimolate dall'organo di cui regolano l'attività, una maggior richiesta è in grado di modificare in senso ipertrofico le cellule di questo sistema. Dopo aver sperimentato che, trattando alcuni topi con un siero anti-NGF, questi presentavano gravi problemi neuroendocrini, dovuti ad alterazioni irreversibili dell’ipotalamo, Rita Levi-Montalcini lo utilizzò per controllare la crescita dei tumori delle cellule nervose.[6]

Nel 1956 venne nominata professore associato e nel 1958 professore ordinario presso la Washington University di St. Louis e, nonostante inizialmente volesse rimanere in quella città solo un anno, vi lavorò e vi insegnò fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1977.[4] Per circa trent'anni fece le ricerche sulla NGF e sul suo meccanismo d'azione, per le quali nel 1986 ricevette il Premio Nobel per la medicina insieme al suo studente biochimico Stanley Cohen.[5] Nella motivazione del Premio si legge: «La scoperta del NGF all'inizio degli anni cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo».

La scienziata devolvette una parte dell'ammontare del premio alla comunità ebraica, per la costruzione di una nuova sinagoga a Roma.[4] Nel 1987 ricevette il National Medal of Science, l'onorificenza più alta del mondo scientifico statunitense.

Durante la carriera negli Stati Uniti, lavorò assiduamente anche in Italia: fondò un gruppo di ricerche e dal 1961 al 1969 diresse il Centro di Ricerche di neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Roma), in collaborazione con l'Istituto di Biologia della Washington University, e dal 1969 al 1979 rivestì la carica di Direttore del Laboratorio di Biologia cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Dopo essersi ritirata da questo incarico "per raggiunti limiti d'età" proseguì i suoi studi come ricercatrice e Guest professor dal 1979 al 1989. Nel 1983 fu chiamata a ricoprire anche la posizione di presidente dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla, poiché, nonostante i lunghi soggiorni negli Stati Uniti, non smise di seguire le ricerche su questa patologia.

Dal 1989 al 1995 lavorò presso l'Istituto di neurobiologia del CNR con la qualifica di "superesperto", concentrandosi sullo spettro di azione del NGF.[5] Dal 1993 al 1998 presiedette l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Nel 1999 è stata nominata ambasciatrice dell'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) dal direttore generale Jacques Diouf.[9]

È membro delle maggiori accademie scientifiche internazionali, quali l'Accademia Nazionale dei Lincei per la classe delle Scienze Fisiche, la Pontificia Accademia delle Scienze (prima donna ammessa), l'Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, la National Academy of Sciences statunitense e la Royal Society. È inoltre Presidente onorario dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Collabora con l'Istituto Europeo di Ricerca sul Cervello (Fondazione EBRI, European Brain Research Institute), da lei fondato nel 2001 e presso il quale prosegue la sua attività di ricerca, affiancata da un costante impegno in campo sociale e politico e sostanziata dalla profonda riflessione etica che ne ha animato l’intero percorso di vita.[3][5]

[modifica] Ruolo nel mondo scientifico come donna e scienziata

« L'umanità è fatta di uomini e donne e deve essere rappresentata da entrambi i sessi. »
(Rita Levi-Montalcini)

Levi-Montalcini ha sempre affermato di sentirsi una donna libera. Cresciuta in «un mondo vittoriano, nel quale dominava la figura maschile e la donna aveva poche possibilità», ha dichiarato d'averne «risentito, poiché sapevo che le nostre capacità mentali - uomo e donna - son le stesse: abbiamo uguali possibilità e differente approccio».[10]

Ha rinunciato per scelta ad un marito e una famiglia per dedicarsi interamente alla scienza. Riguardo alla propria esperienza di donna nell'ambito scientifico, ha descritto i rapporti coi collaboratori e studiosi sempre amichevoli e paritari, sostenendo che le donne costituiscano al pari degli uomini un immenso serbatoio di potenzialità, sebbene ancora lontane dal raggiungimento di una piena parità sociale.

La prima metà degli anni Settanta l'ha vista partecipe dell'attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell'aborto.[11]

[modifica] Ruolo pubblico

Rita Levi Montalcini in compagnia di Giorgio Napolitano, Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Carlo Rubbia, Aaron Ciechanover e Giuseppina Tripodi in occasione del centesimo compleanno della scienziata.

Spesso attiva in campagne di interesse politico e sociale, quali quelle contro le mine anti-uomo, o per la responsabilità degli scienziati nei confronti della società[senza fonte], nel 1992 istituì in memoria del padre, con la sorella gemella Paola, la Fondazione Levi Montalcini[12], rivolta alla formazione dei giovani, nonché al conferimento di borse di studio universitarie a giovani studentesse africane (progetto "Un convitto per le ragazze Tuareg"), con l'obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgessero un ruolo da leader nella vita scientifica e sociale del proprio paese.

Nel 1998 cofondò la sezione italiana di Green Cross International, riconosciuta dalle Nazioni Unite e presieduta da Michail Gorbačëv, di cui è consigliere[13]. Significativo l'impegno nella prevenzione dei conflitti legati allo sfruttamento delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione e all'accesso alle risorse idriche.

Nel 1998, si schierò a favore della fine del proibizionismo, aderendo all'appello rivolto al Segretario Generale dell'Onu con il quale si auspicava la liberalizzazione della droga ai fini di sottrarre i giovani al mercato illegale. Negli anni successivi, tuttavia, dichiarò che il consumo di droghe leggere può favorire l'accesso a droghe più forti.[11]

Con la vittoria de L'Unione di Romano Prodi alle elezioni politiche del 2006, la scienziata, in qualità di senatrice a vita, accordò la fiducia al governo Prodi II. In quel periodo, a causa della propria ridotta capacità visiva, rifiutò la presidenza del Senato provvisoria che le spettava per anzianità nel periodo d'elezione. In tutti gli scrutini dichiarò d'aver votato Franco Marini. Sostenne il governo Prodi fino alla sua caduta, pur senza partecipare ai lavori delle commissioni parlamentari. Per questo motivo l'ex ministro Francesco Storace la contestò ironizzando sull'età e suggerendo di fornirla di un paio di stampelle; ricevendo risposta con una lettera pubblicata dal quotidiano La Repubblica. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, censurò il giorno successivo l'intervento di Storace, scatenando un acceso dibattito sfociato in una denuncia per offesa all'onore e prestigio del Presidente della Repubblica (articolo 278 del Codice Penale) a carico di Storace.[14][15]

Negli stessi giorni la Lega Nord proponeva un emendamento alla legge finanziaria per abolire e spostare alcuni stanziamenti pubblici dalla fondazione EBRI, centro di ricerca sul cervello a Roma voluto dalla scienziata,[16] in collaborazione con la Fondazione S. Lucia[17] e dal CNR, verso la Fondazione di ricerca dell'Ospedale San Raffaele di Milano, fra i cui soci risultava Fininvest, società a capo della famiglia del leader della CdL di cui la Lega stessa faceva parte e che già con la Finanziaria 2005 aveva ricevuto 15 milioni di euro.[18] La senatrice intervenne in aula per spiegare la propria decisione di non partecipare alla votazione sull'emendamento per conflitto di interessi, affermando: «Signor Presidente, io non voterò, ma ringrazio molto quanti si rendono conto dell'attività svolta dall'istituto EBRI per la scienza italiana. Sono veramente molto grata a tutti coloro che si rendono conto di quanto stiamo facendo per la scienza, che mai è stata così utilmente portata avanti. Grazie infinite».[19] L'emendamento della Lega Nord venne in seguito respinto a larghissima maggioranza con 173 voti contrari, 57 astenuti e 75 voti a favore.[20]

Controverso il caso della collaborazione tra la Montalcini e l'azienda farmaceutica Italiana Fidia. A partire dal 1975 la scienziata promosse il farmaco Cronassial, prodotto con cervello bovino. Il farmaco, dopo alcuni anni risultò essere in grado di causare una grave sindrome neurologica (sindrome di Guillain-Barré). Per questa ragione l'Ufficio di Sanità tedesco non concesse il permesso nel 1983, così come anche altri Paesi lo rifiutarono o lo ritirarono dal mercato. In Italia fu vietata la vendita e diffusione del farmaco solo nel 1993 dal Ministro Raffaele Costa.[21] [22] [23]. Questo episodio ha portato alcuni a dubitare dell'opportunità del Nobel ricevuto dalla scienziata[24].

[modifica] Visione religiosa

Nel libro "Incontri con menti straordinarie", raccolta di interviste tra l'autore Piergiorgio Odifreddi e importanti scienziati, figura quella a Rita Levi-Montalcini, che alla domanda del professore "Crede in Dio?" ha dichiarato: «Sono atea. Non so cosa si intenda per credere in Dio». Di contro, ricordiamo che la scienziata devolvé una parte dei proventi del premio Nobel per la costruzione di una nuova sinagoga a Roma.[4]

[modifica] Rapporto con i giovani

Rita Levi-Montalcini ha sovente lavorato con giovani attraverso progetti del CNR. Da un'indagine del 2006, effettuata dalla Tns Infratest, la sua credibilità la pone in testa alla classifica dei migliori testimonial.

Alla base di questa volontà di confronto con i giovani vi è una profonda fiducia nelle capacità innovative dell'uomo. Ha più volte affrontato il tema del rapporto tra le nuove generazioni e lo sviluppo tecnologico, del quale ha descritto anche i limiti:

« Oggi, rispetto a ieri, i giovani usufruiscono di una straordinaria ampiezza di informazioni; il prezzo è l’effetto ipnotico esercitato dagli schermi televisivi che li disabituano a ragionare (oltre a derubarli del tempo da dedicare allo studio, allo sport e ai giochi che stimolano la loro capacità creativa). Creano per loro una realtà definita che inibisce la loro capacità di “inventare il mondo” e distrugge il fascino dell’ignoto.  »
(Rita Levi-Montalcini)

Negli incontri coi giovani, emerge l'invito a non concentrare l'attenzione solo su se stessi, a partecipare ai problemi sociali e fare proposte volte al miglioramento del mondo attuale.

Ai giovani ricercatori ha ripetutamente suggerito l'esperienza all'estero per poi tornare in Italia, convinta che risieda in loro il futuro della ricerca e dell'innovazione scientifica del paese.[11]

[modifica] Record come centenaria e salute

Nel 2009, giungendo all'età di cento anni, è stata il primo vincitore del premio Nobel a varcare il secolo di vita.[25] È altresì il più anziano senatore a vita in carica[26] nonché della storia della Repubblica Italiana.[senza fonte]

E' cieca dall'età di circa 90 anni a causa di una maculopatia degenerata[27], il 25 febbraio 2010, all'età di cento anni, presso l'ospedale Sant'Andrea di Roma ha subito un'operazione per la frattura di un femore con installazione di una protesi dell'anca, dalla quale si è perfettamente ristabilita.[28].

[modifica] Riconoscimenti

Rita Levi-Montalcini parla come relatore ospite speciale alla conferenza internazionale di neuroscienza NGF 2008: "Life and Death in the Nervous System".

Rita Levi-Montalcini è stata nominata senatore a vita dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il 1º agosto del 2001.

Oltre al premio Nobel, ha ricevuto numerosi altri riconoscimenti fra i quali cinque lauree honoris causa: dall'Università di Uppsala, dal Weizmann Institute di Israele, dalla Saint Mary University e dalla Constantinian University (USA), dalla Università Bocconi (Milano).

Ha vinto inoltre il Premio internazionale Saint-Vincent, il premio Feltrinelli e il premio Albert Lasker per la ricerca medica. Montalcini figura anche tra i membri onorari del CICAP,[29] fin dalla sua fondazione.[30]

Il 22 gennaio 2008 è stata insignita della laurea specialistica honoris causa in biotecnologie industriali presso l'Università Bicocca di Milano.

Il 30 settembre 2009, per i suoi studi sul sistema nervoso, ha ricevuto il Wendell Krieg Lifetime Achievement Award, riconoscimento internazionale istituito dalla più antica associazione internazionale dedicata allo studio del sistema nervoso, il Cajal Club.[31]

[modifica] Onorificenze

Dama di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Dama di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana
— Roma, 8 gennaio 1987.[32]
Grand'ufficiale della Legion d'Onore - nastrino per uniforme ordinaria Grand'ufficiale della Legion d'Onore
— Roma, 5 dicembre 2008.[33]
Medaglia d'oro ai benemeriti per la cultura - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti per la cultura
— Roma, 31 ottobre 1986
Medaglia d'oro ai benemeriti per la cultura - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti per la cultura
— Roma, 6 giugno 2001

[modifica] Opere

In campo non scientifico, nel 2006, è stata autrice del testo di una canzone dei Jalisse dal titolo Linguaggio Universale che ha partecipato alle selezioni per il Festival di Sanremo 2007, pur non riuscendo a qualificarsi.[36]

[modifica] Note

  1. ^ Copertina di Wired, marzo 2009
  2. ^ a b c d e f g h i j k l (EN) Rita Levi-Montalcini - Autobiography. nobelprize.org. URL consultato il 29-08-2009.
  3. ^ a b c d e f Andrea Casalegno. «Rita Levi Montalcini, 100 anni di vita e ricerca». ilsole24ore.com. URL consultato in data 03-10-2009.
  4. ^ a b c d e f Sara Sesti. I cento anni di Rita Levi-Montalcini. universitadelledonne.it. URL consultato il 29-08-2009.
  5. ^ a b c d e f g h i j Rita Levi Montalcini, Biografia. fondazioneitaliani.it. URL consultato il 03-10-2009.
  6. ^ a b c d Biografia scientifica di Rita Levi-Montalcini. accademiaxl.it. URL consultato il 05-09-2009.
  7. ^ a b c d e f La scoperta dell'NGF. accademiaxl.it. URL consultato il 20-02-2011.
  8. ^ Daniela Minerva. «Rita centoeuno». espresso.repubblica.it. URL consultato in data 14-05-2010.
  9. ^ (EN) Meet the Goodwill Ambassadors. fao.org. URL consultato il 21-11-2009.
  10. ^ Che tempo che fa?, Intervista a Rita Levi-Montalcini, Rai Uno
  11. ^ a b c Giuseppina Tripodi, La clessidra della vita di Rita Levi-Montalcini, Baldini Castoldi Dalai editore, 2008.
  12. ^ Sito ufficiale della fondazione
  13. ^ La nostra storia - Green Cross Italia
  14. ^ Le stampelle di Storace ricordano il regime. URL consultato il 24-05-2010.
  15. ^ Nell'ottobre del 2007 Francesco Storace ha contestato la legittimità dell'apporto della Levi-Montalcini alla stabilità del secondo Governo Prodi, ironizzando sull'età della senatrice e suggerendo di fornirla di un paio di stampelle. Il quotidiano La Repubblica fece notare l'anomalia della vicenda. Il giorno successivo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha censurato l'intervento di Storace, aprendo un dibattito sfociato in una denuncia per offesa all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica (articolo 278 del Codice Penale) a carico di Storace.
  16. ^ Sito web European Brain Research Institute. URL consultato il 05-09-2008.
  17. ^ Sito web Fondazione S. Lucia. URL consultato il 05-09-2008.
  18. ^ Dati tratti da Osservatoriosullalegalità.org
  19. ^ Senato della Repubblica - Seduta 239 XV legislatura. URL consultato il 25-07-2010.
  20. ^ Senato della Repubblica - Votazioni elettroniche della seduta 239 XV legislatura. URL consultato il 25-07-2010.
  21. ^ [1]
  22. ^ [2]
  23. ^ [3]
  24. ^ 'Nobel comprato? Non ne so nulla'. URL consultato il 06-06-2010.
  25. ^ Nature: "Neuroscience: One hundred years of Rita". URL consultato il 2009-04-27.
  26. ^ Scalfaro presiederà la seduta di venerdì e voterà per l'Ulivo in Corriere della Sera. URL consultato il 18-09-2009.
  27. ^ Corriere della Sera, Rita Levi Montalcini: sono diventata cieca, resta la luce della scienza, 4 aprile 2001
  28. ^ Rita Levi Montalcini operata al femore. "Sta bene, forse domani in piedi". ADNKronos. URL consultato il 25-02-2010.
  29. ^ Membri onorari del CICAP, dal sito web del comitato. URL consultato il 04-22-2009.
  30. ^ Auguri alla professoressa Montalcini, dal sito web del CICAP. URL consultato il 04-22-2009.
  31. ^ «Premio internazionale a Rita Levi Montalcini per studi sul cervello». libero-news.it. URL consultato in data 20-10-2009.
  32. ^ Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana Dott.ssa Rita Levi. URL consultato il 05-09-2008.
  33. ^ vedi qui
  34. ^ Elenco degli Accademici d'Onore dell'Accademia delle Arti del Disegno vedi qui
  35. ^ http://en.wikipedia.org/wiki/9722_Levi-Montalcini
  36. ^ Paolo Conti. «I bocciati del Festival, tra Nobel e poetesse». Il Corriere della Sera, 09 01 2007. URL consultato in data 22-12-2008.

[modifica] Bibliografia

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

Rita Levi-Montalcini ha anche partecipato ad una pubblicità della Telecom Italia

[modifica] Collegamenti esterni

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